La Quadriga Domini. Date e Documenti.1

1204.Venezia, Castello, Calle del Cimitero: Ratto dei Cavalli di San Marco .
Questo rilievo raffigura il ratto dei cavalli di San Marco durante la quarta Crociata (1204). Sotto il Doge Enrico Dandolo  l'esercito saccheggiò i tesori della capitale bizantina, Costantinopoli. I pezzi più famosi del bottino sono i quattro cavalli di bronzo dorato che un tempo adornavano la tribuna dell'imperatore all'Ippodromo di Costantinopoli e che ora si trovano nel Museo della Basilica di San Marco a Venezia.

La Quadriga Domini. Date e Documenti.1




1261. I cavalli furono collocati nell’Arsenale prima di essere esposti sulla facciata della Basilica di San Marco, sappiamo che rimasero depositati li per circa cinquant’anni rischiando addirittura la distruzione. Si ipotizza che siano stati spostati dall'Arsenale alla Basilica dopo la caduta dell'Impero Romano d'Oriente per enfatizzarne la valenza religiosa, in quanto allegoria dei quattro evangelisti e la valenza politica , quali simbolo della continuità del potere.

Ne fa cenno Giustina Renier Michiel in Origine delle feste Veneziane, volume secondo  commentando la spartizione del bottino di Costantinopoli tra Francesi e Veneziani:

"Si venne alla divisione del bottino. V’ha chi pretende, che i Veneziani vedendo come i Francesi si rivendevano a vil prezzo ai Greci tanti sontuosi monumenti, e colavano per avidità di oro gli avanzi preziosi delle statue di bronzo che rimanevano tuttavia dopo gli incendj della città, che consumato aveano immense ricchezze, atterrati gli edifizj, mutilate le statue, abbiano essi offerto di prender per loro la massa totale delle spoglie, dando a ciascun cavaliere quattrocento marche d’argento, ducento ad ogni prelato e ad ogni ufficiale, cento ad ogni soldato. Se falsa è la tradizione, vero è però che i Francesi nulla recarono con sè, ed i Veneziani all’incontro, più esperti conoscitori anche in quel secolo delle arti belle, vi trasportarono quantità di ricche suppellettili, gioje, pietre, anelli, tratti dal tesoro imperiale, vasi d’oro, d’argento, d’agata, sorprendenti per la loro grandezza, i quali erano stati portati in trionfo da Gneo Pompeo dopo la sua vittoria su i Re Tigrane e Mitridate; coppe di turchina, di diaspro, di amatista, lavorate da’ più insigni professori dell’arte: monumenti illustri dell’ingegno degli Arabi che vi aveano scolpiti de’ caratteri nella loro lingua.

Tutto ciò rende probabile, ch’essi inoltre quindi apportassero e quadri, e statue, e manoscritti. Ma è fuor di dubbio che vi asportarono que’ quattro cavalli di metallo dorato, non meno famosi pel loro moltiplice traslocamento, che per la venustà delle loro forme. Tanti cospicui tesori vennero ad abbellire la nostra città, ed i cavalli furono posti da prima dentro dell’arsenale, ma sembrando che ivi non fossero bastantemente esposti alla comune vista, nè conseguissero la dovuta ammirazione, s’innalzarono nella facciata della Basilica di san Marco. V’ha chi afferma, che per aggiunger loro un carattere allegorico, dimostrante che Venezia non aveva mai sofferto il giogo di straniera potenza, fu spezzato il freno che per l’innanzi portavano in bocca, talchè rappresentassero lo stato di una generosa e magnanima libertà. Colà grandeggiarono trionfalmente pel corso di quasi sei secoli."



Lunetta di S.Alipio.Traslazione del corpo di S.Marco con i cavalli



1265. La data è indicativa, in quanto il mosaico è datato tra il 1260 e il 1270, certo dopo il 1261 Questo mosaico è una vera foto d'epoca, ci mostra senza possibiltà di dubbio come a quella data, per quanto ampia, i cavalli fossero finalmente sistemati nella loro sede storica, che non fu però subito definitiva.



Vita del Petrarca Di Ernest Hatch Wilkins, 2003, p. 233.
Vita del Petrarca Di Ernest Hatch Wilkins, 2003, p. 233



1364. Non si hanno documentazioni sui cavalli di San Marco dopo il loro arrivo a Venezia fino alla segnalazione del Petrarca del 1364 nelle Epistulae rerum senilium, IV, 2. la prima documentazione scritta in assoluto sulla loro presenza, eccezion fatta  per l'aneddoto raccontato da Marin Sanudo sulla zampa di un cavallo spezzatasi durante il trasporto via mare, che sarebbe rimasta al comandante Morosini come souvenir.

Petrarca arriva a Venezia nel 1364, in qualità di ospite d’onore ai festeggiamenti per la presa di Candia, rimanendo estasiato dal “vigore” di quella rappresentazione scultorea.Vita del Petrarca Di Ernest Hatch Wilkins, 2003, p. 233. Così  Wilkins descrive il torneo cui Petrarca assistette nel 1364, quando fu solennemente celebrata la riconquista dell’isola di Candia:

"Durante l'estate fu ospite, in casa di Petrarca, un suo amico di lunga data, Bartolomeo Carbone Papazurri, che era stato promosso da vescovo di Chieti ad arcivescovo di Patrasso e doveva mettersi in viaggio, per raggiungere la sua nuova sede, all'inizio dell'autunno. Il mattino del 4 giugno, mentre i due amici stavano conversando presso una delle finestre anteriori della casa di Petrarca che dava sulla laguna, videro una galea, tutta decorata di foglie verdi, le vele ammainate, che si avvicinava velocemente a forza di remi. Smisero subito di parlare, sperando che la nave portasse buone notizie. E infatti, quando fu più vicina, scorsero i marinai che correvano allegramente qua e là: a prua c'erano dei giovani, lieti in viso, che avevano in capo ghirlande di foglie e sventolavano bandiere; quando si fece ancor più vicina, riuscirono a vedere anche che da poppa pendevano le bandiere del nemico. La nave veniva da Creta e portava la notizia della vittoria.


Per il primo dei due spettacoli un amico di Petrarca, Tommaso Bombasi di Ferrara, fu nominato maestro delle cerimonie. La giostra ebbe inizio il 4 agosto: la piazza era affollata di spettatori; una grande tribuna speciale era stata eretta per le signore; il doge e gli invitati assistettero allo spettacolo dalla loggia con i quattro cavalli di bronzo, sulla facciata principale della basilica di San Marco. Il doge aveva invitato Petrarca a prender posto alla sua destra, dove il poeta si accomodò per i primi due giorni: poi chiese il permesso di non presentarsi nei giorni successivi, perché occupato con i suoi studi."



1496.Gentile Bellini, Processione in Piazza San Marco, Gallerie dell'Accademia


1496. Lo spettacolare telero di Gentile Bellini in primo luogo ci mostra l'aspetto della piazza anteriormente alla ristrutturazione iniziata a partire dal 1529, in secondo luogo, per la sua impostazione celebrativa, sottolineata dalla prospettiva dilatata, dà molto risalto alla posizione "centrale e dominante" della Quadriga, allegoria di un potere assai umano e poco divino.


Sansovino,Venetia, città nobilissima, et singolare,1663,pag.94


1581. Francesco Sansovino (Roma, 1521 – Venezia, 1586), letterato e critico d'arte, nella sua opera più famosa  Venetia, città nobilissima et singolare, descritta in XII libri, chiamata brevemente Venetia descrittaVenetia, città nobilissima, et singolare, stampata per la prima volta nel 1581 , così scrive :(Volume I (Google eBook)  Di Francesco Sansovino, Giustiniano Martinioni, ,: 1663, pag, 94):


(...) Dalla parte dinanzi sul piano del volto maggiore, si veggono quattro cavalli antichi di bronzo, così rari, che fino a questo tempo non se ne trova pari alcuno in qual si voglia parte del mondo. Questi furono fatti fare dal popolo Romano, allora che Nerone Imperadore hebbe vittoria dei Parthi. & gli furono dedicati & posti nell'arco consacrato al suo nome: & tiravano la quadriga del Sole, si come si vede fino à i di nostri nel rovescio d'alcune sue medaglie, nelle quali sono scolpiti i predetti cavalli, con quelle medesime moventie & attitudini nelle teste & nelle gambe, & co i pettorali al collo, come hanno i presenti (...)


Da non confondersi col padre Jacopo Tatti detto il Sansovino, architetto, anzi Proto, il massimo architetto della repubblica, che curò il restauro delle cupole della Basilica e una buona parte della ristrutturazione della Piazza, di cui ho già parlato a proposito della sua amicizia con Tiziano e con l'Aretino, col quale era giunto a Venezia nel 1527 dopo il sacco di Roma. Jacopo Sansovino e Pietro Aretino infatti  furono invitati da Tiziano a "ferrare agosto" nel 1540 insieme con Jacopo Nardi e Francesco Priscianese, che poi lo racconterà in una famosa Lettera in calce ai sei libri della lingua latina pubblicata nel 1550. Vedi:




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